Piteglio di Pistoia, la mistica Maria Lucia Cecchini e il vescovo Cortigiani
Nell’Italia di un tempo lontano il viaggiare era difficoltoso per la modestia dei mezzi di trasporto, l’irregolarità di un territorio con poche zone piane e agevoli nel percorso, e tante alture e corsi d’acqua da superare con strade erte, ponti o guadi.
Per questo, cioè per la cura della viabilità e per la difesa degli abitanti di certe zone, vennero edificati, dove fu possibile, i castelli che ancora oggi, specialmente quelli di montagna, hanno una loro caratteristica e bella forma, quasi che le alture stesse si rivestano nella cima di una colorata decorazione.
Tale è Piteglio nella Val di Lima, sorto accanto agli itinerari che dalla piana pisana-lucchese-pistoiese andavano al nord verso la Padania, segnatamente a Modena e nel suo contado. Il paese conserva la sua essenza. D’altronde il lento cambiamento degli insediamenti umani non ha mutato molto queste vie dei monti e ancora oggi la via Modenese o statale 66 percorre i medesimi tratti, si unisce alla statale 12 dell’Abetone e del Brennero in Val di Lima, e affronta la parte più alta dell’Appennino tosco-emiliano verso la meta della pianura del Po.
Riguardo a Piteglio, per dirne in breve la storia, verso il Mille fu un castello dei conti Guidi di Modigliana, venne poi assoggettato a Pistoia, che qui mandò un suo podestà. Ebbe una pieve con giurisdizione ecclesiastica su San Basilio di Prunetta (a circa 7 km di distanza) e su un ospedale dei Templari detto di Croce Brandegliana. Dopo secolari rivolte e scorrerie delle fazioni pistoiesi dei Panciatichi e Cancellieri (il castello fu per diverso tempo di quest’ultima famiglia), Piteglio seguì Cosimo de’ Medici e la storia del granducato di Toscana e fu presidio di confine con il ducato di Lucca.
Comune autonomo fino al 2017, oggi è tutt’uno con San Marcello Pistoiese.
Il castello di Piteglio entrò a far parte, senza clamore, anche della storia della Chiesa con una mistica serva di Dio, Maria Lucia Cecchini(1661-1728) nata nel vicino Prataccio nella borgata delle Capanne di Sotto.
Di lei parlano un documento della Biblioteca Forteguerriana di Pistoia scritto nel 1730 da un ignoto sacerdote e pubblicato nel 2004 e un manoscritto inedito della Biblioteca Nazionale di Firenze su i Castelli di Toscana, il quale nella nota dedicata riprende il testo della Vita di monsignore Michele Carlo Visdomini Cortigiani di Andrea Danti (Firenze 1736).
Proprio dalla pagina dei Castelli trascriviamo i tre appunti sulla serva di Dio:
1) “Maria Lucia Cecchini nata in Piteglio gran serva di Dio, favorita dal cielo di grazie straordinarie, stando elevata in spirito e nella considerazione quanto si debba venerare Gesù Cristo Sacramentato da tutti gl’uomini e quanto onore da essi riceve, vedendosi strapazzato nelle chiese e aveva concepito nel suo cuore un grande ramarico, dolendosene, le comparve folghoreggiando maestà corteggiato dagl’angeli e tra quali in abito pontificale riconobbe monsignor Cortigiani. Dalla si lui vita a 188”.
2) “L’istessa serva di Dio vidde monsignor Cortigiani dopo la di lui morte attorniato da un gran fuoco e ciò fu nell’istessa ora che spirò, la scosse per un braccio, dando un gran sospiro disparve. Gli applicò la vergine tre comunioni con fare anche per esso alcune penitenze. Dopo il corso di tre mesi lo vidde salire al cielo, che gli promesse pregare molto per lei, avendoli colle sue buone opere e mortificazioni accelerato il passare dal fuoco purgante alla patria de’ Beati. Dalla di lui vita a 211”.
[Nel libro Vita di monsignore ... Andrea Danti fa seguire un lungo commento:
«Queste due rivelazioni pajono fra di loro contrarie; ma farà facile il conciliarle colla dottrina del cardinale Baronio, che nel Tom. I. de’ suoi Annali, all’anno 48. 2. 4. parlando di una visione avuta da Santa Elisabetta Regina d’Ungheria, sopra l’Assunzione al Cielo di Maria Vergine, e rigettandola come sospetta d’illusione, scrive le seguenti parole: Nec propterea detrahimus sanctitati ejus, quia non semper quae sancti viderunt in spiritu, eadem ut Prophetae viderunt, sed juxta suas mente conceptas imaginationes – Né a causa di questo, sminuiamo la sua santità, perché non sempre le cose che i santi videro in spirito, furono le stesse che videro i profeti, ma furono immaginazioni concepite nella loro mente (traduzione mia).
Non credo però di dovere essere ripreso, se io mi avanzo a spiegare il mio sentimento, il quale è, che si possa piamente credere, che l’anima del prelato subito divisa dal corpo passasse gloriosa alla beata Eternità, fondando la mia sentenza nella grandezza delle virtudi da esso praticate, e nella sua innocentissima vita, della quale ci diede autorevole testimonianza il medesimo Padre Sotomayor [Giuseppe, gesuita], che per così lungo tempo governò la sua coscienza, gli diede più volte gli esercizi Spirituali, e nella confessione generale intesa e terminata poche ore prima della fua morte, penetrò i seni più segreti del suo cuore”].
3) “La medesima Maria Lucia in astrazione, della quale fu favorita da Dio, afferma che il vidde in Paradiso la sua grande anima e le disse che lassù la stava aspettando. Dalla di lui Vita a 244”.
Nella stessa pagina l’autore dei Castelli riporta alcune parti della storia di Piteglio e l’etimologia latina del nome:
“Quintus Petilius. Fulvio Orsini [canonico, scrittore, antiquario, filologo, † 1600], Petilie gentis frequens est mentio apud scrittores; dette il nome al castello di Piteglio. Cini nella Storia”.
Vi si può aggiungere tranquillamente il confronto etimologico con il nome di Pitigliano (Grosseto), e il Quintus Petillius tribuno della plebe nel 187 a.C. citato assieme a numerosi membri della sua illustre gens in un interessante sito internet: https://www.romanoimpero.com/2020/04/gens-petillia.html.
Un ulteriore ricordo è dovuto anche al vescovo Michele Carlo Visdomini Cortigiani nato a Firenze il 4 novembre 1648 da Roberto e da Ortensia Goti. Il buon presule un fratello e due sorelle che diventarono anch’essi l’uno sacerdote e le altre suore. In gioventù frequentò l’oratorio di San Tommaso d’Aquino in via della Pergola, quindi studiò nel collegio di San Giovannino dei Gesuiti e poi a Roma. Nel 1677 ricevette gli ordini sacri, nel 1680 fu nominato preposto di Empoli, nel 1683 vescovo di San Miniato e tra 1702 e 1703 vescovo di Pistoia e Prato. Morì svolgendo quest’ultimo incarico il 13 ottobre 1713.
Scrisse il Danti che in “in questa bassa terra, ed in Pistoja, la nuova della morte del nostro prelato, benchè accaduta sulla mezza notte, si sparse in pochi momenti per tutta la città, e la mattina si vidde in gran movimento tutto il popolo, gratissimo alla memoria del suo pastore: furono molte le lacrime di tanta povera gente, che veniva alimentata dalle sue quotidiane limosine; erano inconsolabili tante miserabili fanciulle, orfane, e derelitte, sostentate, quasi dell’intero, dalla sua singolar liberalità; leggevasi il dolore sul volto dell’afflitta plebe, e dell’istessa nobiltà, indizio del grande amore, che tutti portavano al comun padre delle anime loro; onde per suo suffragio furon fatte da ogni sorte di persone religiose, e secolari, pubbliche, e private preghiere ...”].
Si trovano nel libro del Danti, nell’ambito della spiritualità dell’epoca, molte meditazioni e consigli che il buon pastore riservò per il clero e i fedeli. Di queste trascriviamo la n. XL:
“Della Modestia
La Modestia è una virtù, mediante la quale si regola l’esteriore, i movimenti, e gesti, secondo la prudenza, e civiltà cristiana, in modo, che edifichi, e non offenda chi tratta con noi: Modestia vestra nota sit omnibus hominibus, ad Philip. 4 [Lettera ai Filippesi, 4:5].
Il fine di questa virtù è il timore di Dio: finis modestie timor Domini. Proverb. 22. [Proverbi 22:4]. Vien ciò insinuato dallo Spirito Santo, perchè s’intenda, che l’esteriore senza l’interiore, che riguarda Iddio, a nulla vale.
Esempio di Gesù Cristo
Gesù era così modesto in ogni suo tratto, che San Luca scrive di lui: «Et omnes testimonium illi dabant, et mirabantur in verbis gratiæ, quæ procedebant de ore ipsius» [Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca, Lc 4:22].
Tutti, tutti ad una voce attestavano maravigliarsi della sua gran modestia, della sua grazia nel parlare, ne’ gesti, ed in tutte le sue azioni. «Erat enim quædam Divina Gratia in dictis Salvatoris concurrens, animas permulcens auditorum» [Nel Salvatore era infatti presente una certa Grazia Divina, che rasserenava gli animi degli ascoltatori] S. Jo: Chrysost. in Luc. ibi”.
Comparazione di noi con Gesù Cristo
Abbiamo imitato Gesù, o pure siamo stati scorretti nel parlare, nel trattare in modo, che chi ci ha osservato, abbia avuta cagione di scandolo, non d’edificazione?
Vi son molti, che camminano, parlano, trattano, ridono nella forma, che loro vien fatto, e secondo, che gli porta la lor natura mal regolata; e perciò sono incivili, inculti, immodesti, facendo ben conoscere dall’esteriore, quanto sian poveri nell’interiore.
Se siete così, vergognatevi di voi stessi al confronto di Gesù Cristo ...”.
Paola Ircani Menichini, 25 luglio 2025. Tutti i diritti riservati.
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